“Radicato nel non-nuocere, cessa ogni ostilità”
“Ahimsa pratisthayam tat sannidhau vaira tyagah”
Yoga Sutra – II.35
“Primum non nŏcēre” è una locuzione latina attribuita al medico Galeno (129 – 210\16 d.C.) che significa “per prima cosa, non nuocere”.
È aforisma centrale della pratica medica Ippocratica, ed è un punto fermo, che un insegnante o un praticante Yoga deve avere sempre innanzi a se e portare sul tappetino come in ogni circostanza di vita. Una stella polare.
NON NUOCERE
Pensiamo al campo della medicina. Essa in primo luogo non deve fare male, pensiamo agli effetti collaterali dei farmaci o le malattie iatrogene. Ma un rimedio, una terapia devono avere anche proprietà curative perché una cosa che non danneggia ma non cura, in realtà danneggia, perché fa perdere tempo prezioso mentre il male avanza. Ed allora Patanjali inizia la cura del nostro essere dicendoci “che non nuoccia”.
Sarà un caso che meditare significa proprio curare? L’etimo della parola medicare è lo stesso di meditare.
Ma attenzione perché la meditazione è il penultimo degli 8 anga (passi) della via Iniziatica di Patanjali, perché se approcciato fuori da questo ordine, sicuramente non cura e probabilmente nuoce pure.
Ahimsa non è quell’elenco di indicazioni precettuali rigide e cristallizzate che spesso si trovano in giro come “non fare del male, non mentire o non rubare”, perché questo significherebbe qualcosa di moralista, formule di obbedienza senza pensiero indipendente e senza consapevolezza.
È ovvio che si tratta di indicazioni sane, ma l’indicazione non deve essere un passivo precetto esterno, deve essere generata e vivere dentro di noi.
Deve essere un concepimento. E se vive dentro di noi non occorre nemmeno che sia scritta in nessun codice.
Quindi quando Patanjali invita a NON NUOCERE pungola la coscienza con una apparentemente generica indicazione, ma questa genericità costringe ad una riflessione, una auto osservazione, una auto valutazione di chi è colui che sta per compiere un’azione ed in che modo e con quali effetti.
Sarebbe molto più facile obbedire ad un precetto piuttosto che doversi interrogare, con la facoltà tipicamente umana del PENSIERO CONSAPEVOLE, se le nostre azioni possano procurare danno.
Invitare a “non nuocere” senza fare alcun elenco, sposta l’analisi del nostro agire e delle sue conseguenze nella nostra sfera, è un collegamento con il concetto di Karma.
Per ottemperare senza l’ottusità della regola scritta, occorre una percezione chiara e l’elaborazione di un pensiero pulito.
Principio di reciprocità
Nella vita pratica ed in quella verso gli allievi sarà sempre prioritarioprocedere in assenza di nocumento, non esercitare violenza di alcun tipo, osservarsi continuamente. Può esser violenza anche una ‘divertente battutina, una innocente burla’, buttata li senza pensare.…
Nelle pratica, osserviamo Sthira sukham asanam (II.46)
La posizione (âsana) – deve essere – stabile e piacevole; il corpo deve posizionarsi “senza sforzo” e nello stesso tempo “stabilmente”.
Se la posizione – âsana – non nuoce, perché una postura stabile e piacevole non può essere dannosa, sviluppa certamente una attitudine di pensiero e quindi di sentire e quindi di agire in tal senso.
E questo sarà verso di me e verso gli altri.
Quindi Ahimsa non è uno sciatto moralismo, esso è una prima, basilare, modalità di controllo del pensiero.
Christina
